Quando abbiamo pagato la camera
trecento euro di caparra, e nudi
parlavamo dell’amore cosmico
e del profilo storto dentro la cornice
-avrei giurato somigliasse a tua madre-
il vaso con le gerbere era un razzo
nell’oscurità.
L’universo, anche per noi minuscoli,
portava la scala fino a Venere, i pianeti
nelle iridi fino al latteo profumo di coperte
di una casa sola fra i campi di lavanda
con una finestra sul calvo Ventoux
che tanto intensamente
e tanto oltre lo guardava.
Si poteva anche non uscire,
potevi scommettere le tasche
dei jeans mai ripresi dal bracciolo del sofà
per un’altra mensilità: quanta perdita?
quale guadagno?
Noi sedotti, noi promessi alle carezze,
vogliamo raccogliere altri fiori,
perderne i petali, assaggiarne i colori
accordarci al pensiero surreale
di chi non ha paura di restare.