Io voglio raccontarti
una storia che so bene
e se la so così bene
è perché l’ho compresa
interamente
significandola da principio:
quando il carbone ha tinto
prima l’aria e dopo il tronco
e ancora dopo le ali alla falena
quella ha ringraziato la rapidità
del cambiamento, l’evoluzione
efficace a dispetto d’ogni uccisore:
così si sopravvive all’esantema,
alla fame degli altri, all’urgenza
del riposo prima che del volo!
Ma guardala, anche dopo secoli
di ben riuscita mimesi, di assorbito
cambiamento, sempre vive e sempre
ritorna a sonnecchiare sulle grate:
ha dimenticato la prima sorella che vide
nera, la paura antica e il pennello
larghe setole della ciminiera:
la disturbo distratta che dorme sul bastone
lei vola, svolazza, volicchia, mi spinge
e così cade, lei, stramorta sul balcone:
come tiene bene a mente la finzione
(o sulle antenne) la lezione che
chisenefrega della mimesi riuscita
della specie: ci persuade solo
chi per noi muore e chi più ci muove
a compassione.